Creare comunità ribelli

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É indubbiamente bello vivere in universi paralleli. Questi universi, chiaramente a tante dimensioni, sono quelli che ci danno vita e che determinano la nostra bellezza. Questi universi sono quelli che ci permettono di andare per la città vedendo dinamiche e scontri di forze ai più invisibili e che ci consentono di riappropriarci di ciò che ci serve. Questi universi sono il nostro esodo, la meta della nostra evasione.

Le ulcere perforanti dovute ai commenti idioti e prepolitici riguardo lo sgombero della ExCuem nascono qui. Leggere che gli sbirri dovevano pestare più forte i compagni o che quel posto serve solo a fumarsi gran cannoni, ci dovrebbe solo far fare grandi risate o magari chi ha tempo dovrebbe rispondere in modo intelligente. Invece ci sale il crimine.

Ebbene, secondo me, il crimine che sale è in realtà nei nostri confronti. Non parlo affatto di dialogo con gli studenti che è mancato o  di altre amenità liceali, ma di rappresentanza, comunità e produzione autonoma di Politica.

Ce lo dobbiamo dire onestamente, l’autonomia noi non ce l’abbiamo, c’è chi spera che arrivi un governo di destra(sic), c’è chi crede che coi governi e amministrazioni a sinistra ci sia più agibilità(sicsic), c’è chi vuole fare i contropoterini(sicsicsic), ma la verità è una sola, è bastato un anno di governo tecnico per asfaltarci chiudendo tutti gli spazi di presa di parola, di conflitto e organizzazione autonoma. Oggi, con la DC al governo, il popolo che soffre e gli spari sotto palazzo Chigi(spari utili a Letta), è finalmente morto lo slogan, “chiomonte come atene”. Nessuno è sceso in strada, l’insurrezione non si è vista, la rivoluzione civile/arancione/sostenibile/etc nemmeno. Mi auguro che gli ideatori e tutti i compagni che lo hanno cantato si facciano due ragionamenti sulla loro cretineria.

Oggi, secondo me, al posto di evadere dobbiamo invadere ed è un ora o mai più.

E’ venuta l’ora di liberarci di questi universi, è venuta l’ora di scardinare quella che pensiamo essere autonomia, mentre in realtà è apologia del nostro ombelico. E’ venuta l’ora di immergerci nella realtà e sguazzarci dentro,  a costo di rompere con noi stessi e con quello che rimane delle nostre identità.

La crisi che viviamo si è evoluta in crisi della rappresentanza, delle identità e sopratutto della percezione del sè. Oggi si parte da zero, siamo come svuotati e spaesati. Per questo motivo, al posto di rinchiuderci nello stupore quando qualche studente invoca le mazzate sui compagni, dovemmo aprirci. Le “nostre braccia aperte come finestre” insomma, contaminarci con chi non ci capisce, distruggere definitivamente la nostra “identità militante”, fatta di momenti di vita che capiamo solo noi, per definire e vivere un nuovo concetto di attivismo e militanza che si ponga come scopo la creazione di complicità e di cospirazione fra chi mette in comune il proprio sapere, le proprie conoscenze, le capacità,  la creatività, gli affetti, i bisogni, i desideri, gli universi simbolici e culturali per arrivare a fare del male ai profitti e al potere da essi determinato.

Insomma bisogna creare comunità ribelli contro la militanza come l’intendiamo noialtri, ovvero come autorappresentazione della propria identità, alienazione dal sociale, estetica e quotidianità opprimente. Aspirare ad una militanza intesa come continua attività di comprensione del mondo e quindi di se stessi, desiderare appagamento nell’attivismo e conquistare vitalità fisica e mentale a partire dalle complicità. Insomma, bisogna immergersi nella realtà, un po come buttarsi in un’enorme pozzanghera di fango e rotolarvisi fino allo sfinimento.

Creare comunità ribelli fondate sulla radicalità dei propri desideri e dei risultati a cui puntano non vuole dire altro che creare un orizzonte verso cui tendere. Creare comunità ribelli vuol dire costruire grandi incidenti. Creare comunità ribelli vuol dire costruire una prospettiva di rivoluzione sociale.

Anche se è difficile, non evadiamo, ma invadiamo!!!